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Considerato che, come si vedrà, i sistemi di calcolo applicati per le commissioni sono dirimenti anche al fine della applicazione delle norme di diritto, è bene tenere a mente e quindi utile rimarcare che, nella specie, indipendentemente dal nome dato alle commissioni, i sistemi di calcolo applicati dalla banca nel tempo sono stati due o l’applicazione di una percentuale sulla massima esposizione del trimestre o l’applicazione di una percentuale fissa sulla somma concessa in affidamento indipendentemente dal suo  utilizzo.

Da un punto di vista normativo occorre osservare che la commissione di massimo scoperto non ha mai ricevuto una disciplina legislativa dando luogo a delle elaborazioni giurisprudenziali fino all’arrivo dell’art. 117 bis T.U.  introdotto con  dal comma 1 dell’art. 6-bis, D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, nel testo integrato dalla legge di conversione 22 dicembre 2011, n. 214. Con tale norma si è regolato l’uso della commissione di massimo scoperto e, vale la pena precisare, per il solo futoro atteso che essa non ha natura d’interpretazione autentica.    

Pertanto la commissione di massimo scoperto fino all’entrata in vigore dell’art. 117 bis TU era un istituto contrattuale. Inizialmente era denominata “provvigione di conto”. La sua introduzione nasceva dal fatto che “ il contratto ha natura onerosa e il corrispettivo è costituito dalla c.d. provvigione (o commissione) di conto, comunemente definita dalla prassi bancaria – commissione massimo scoperto”   ([1])

Invero già con sentenza del 30/05/1985 della Corte di Appello di Catania si affermava il principio che “nel quadro del contratto di apertura di credito in conto corrente la – cms – dovuta dall’accreditato va qualificata come corrispettivo dell’obbligo della banca di tenere a sua disposizione una somma per un tempo determinato, ed è quindi indipendente dalla effettiva utilizzazione del credito”.

In sostanza la Commissione veniva applicata sulle  somme affidate ma non  utilizzate mentre su quelle utilizzate si applicavano gli interessi. La commissione  quindi era alternativa agli interessi, nel senso che le due non potevano cumularsi infatti la commissione era applicata sulle somme non utilizzate giacenti sul conto ma pronte per l’impiego, mentre gli interessi erano calcolati sulle somme uscite dal conto e quindi con concesse effettivamente in prestito. Questa era l’originaria funzione della commissione di massimo scoperto ed ecco perché secondo le famose  istruzioni della Banca d’Italia circolare 01/10/1996,  ai fini del calcolo del t.a.e.g. – Tasso effettivo globale annuo – non era inclusa  la commissione di massimo scoperto. Quest’ultima, infatti, non costituiva un corrispettivo per l’erogazione della somma divenendo interesse, ma un corrispettivo per la disponibilità ad erogare ulteriori somme al momento non utilizzate. Le istruzioni della Banca d’Italia quindi non erano in contrasto con la disciplina normativa ed in particolare dell’art. 644 c.p. in quanto queste erano riferite al sistema di calcolo appena esposto nel quale effettivamente le commissioni non sono interessi e non gravano sulle somme erogate ma solo su quelle giacenti in banca. 

Nella prassi, però molte banche, come nel caso di specie, hanno illegittimamente e per anni variato il sistema di calcolo delle commissioni, infatti senza nessuna variazione del testo contrattuale hanno  cumulato le due cose chiedendo ai correntisti affidati interessi e commissioni  sulle somme utilizzate. Ciò è avvenuto per moltissimi anni e solo. A questo punto occorre osservare che per la corretta applicazione delle norme non si può prescindere dal sistema di calcolo applicato “liberamente” dalle banche.

Con un certo ritardo si faceva strada una giurisprudenza che si rendeva conto della variazione del sistema di calcolo applicato dagli istituti di credito  senza che vi fosse stata alcuna variazione contrattuale. Anzi si rilevava il  fatto che nei contratti bancari  non essendo indicate le modalità di calcolo delle commissioni, le clausole che le prevedevano erano prive di oggetto e  quindi risultavano prive di oggetto e quindi nulle ([2]

Anche la Corte  Cassazione Penale precisava che  le commissioni, se calcolate nel distorto modo descritto,  contrariamente quanto affermato dalla Banca D’Italia, dovevano essere inserite nel calcolo del TAEG anche ai fini del tasso usurario ex art. 644 c.p.c. ([3])

Ricapitolando quindi le commissioni di massimo scoperto calcolate sulla massima esposizione trimestrale, ovvero su somme erogate, non erano dovute in primo luogo perché la clausola contrattuale che le prevedeva era priva di oggetto, non indicando le modalità di calcolo, inoltre erano calcolate in modo contrario alla loro origine di provvigione di conto, che prevedeva che venissero calcolate solo sulle somme non utilizzate.

Ne conseguiva che fino alla entrata in vigore del nuovo testo dell’art. 117 bis T.U.B le commissioni (almeno quelle calcolate sulla massima esposizione trimestrale) dovevano considerarsi  illegittime e il loro controvalore deve essere restituito perché indebitamente corrisposto. Nel caso in esame le somme versate fino alla entrata in vigore dell’art. 117 bis T.U. a titolo di commissione e calcolate con il descritto erroneo sistema e comunque senza clausola contrattuale valida ammontano ad euro 6465,16 oltre interessi di mora e rivalutazione da ogni singolo incasso.

                                                                ***

Non appena la giurisprudenza aveva chiarito che l’inveterato calcolo della CMS costitutiva un abuso interveniva la legge con l’art.  117 bis T.U.B. che di fatto, e solo per il futuro, legittimava, a certe condizioni, la commissione di massimo scoperto,

Sta di fatto che detto articolo non ha natura interpretativa è non è applicabile, quindi, alla disciplina precedente che per giurisprudenza costante aveva dichiarato l’illegittimità della commissione di massimo scoperto calcolata, come nella specie, sulla massima esposizione trimestrale.

A partire dalla entrata in vigore della nuova norma, pertanto, la commissione di massimo scoperto era sostituita dal DIF da calcolare come unica commissione possibile su tutta la somma concessa in affidamento indipendentemente dal suo utilizzo. Non possiamo esimerci dalla osservazione che la non si intende la logica di un simile provvedimento che appare contraddittorio, come si può pagare una commissione sulla disponibilità alla erogazione delle somme dopo che esse sono state erogate, comunque la legge è legge.

 



[1]  - I contratti bancari problemi risolti e questioni ancora aperte – 1999 Giuffrè editore di Annamaria Ambrosio Aldo Cavallo, Giorgio di Benedetto, Fabio Massimo Gallo, Margherita Marmo, Giovanni Romano, Edvige Verde, Francesco Vigorito pag. 84.  

[2]

[3] “Anche la commissione di massimo scoperto deve essere tenuta in considerazione quale fattore potenzialmente produttivo di usura, essendo rilevanti ai fini della determinazione del tasso usurario tutti gli oneri che l'utente sopporta in relazione all'utilizzo del credito e ciò indipendentemente dalle istruzioni o dalle direttive della Banca d'Italia nelle quali si prevede che la commissione di massimo scoperto non debba essere valutata ai fini della determinazione del tasso effettivo globale, traducendosi questa interpretazione in un aggiramento della norma penale che impone alla legge di stabilire il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari”.  Cass. pen., Sez. II, 23/11/2011, n. 46669  FONTE  Sito Il caso.it, 2012

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