Chi ha subito tale condotta può chiederne la restituzione in primo luogo nei confronti del beneficiario dell’assegno, cui la banca dovrebbe avere “girato” la penale, nel caso poi dovesse risultare che tale rimessa non è stata effettuata sarà pure possibile inoltrare una denuncia. Inapplicabilità del regime sanzionatorio al caso di specie.
Allo stesso modo l’articolo 2 della legge 386/90 così come modificato dall'art. 29, d.lg. 30 dicembre 1999, n. 507 prevede, nel caso di emissione di assegno senza provvista, che il traente sia punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire un milione a lire sei milioni e, se l'importo dell'assegno è superiore a lire venti milioni, con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire due milioni a lire dodici milioni.
Inoltre, secondo l’articolo 5 della medesima legge, la violazione descritta comporta il divieto di emettere assegni bancari e postali quando l'importo dell'assegno, ovvero di più assegni emessi in tempi ravvicinati e sulla base di una programmazione unitaria, è superiore a lire cinque milioni.
Tuttavia la legge, per l’applicazione di tali sanzioni non prevede solo il presupposto della emissione di un assegno senza provvista, ma anche un secondo, concorrente e necessario presupposto, ovvero che il titolo venga presentato “nei termini”.
E’ noto infatti che il titolo non presentato nei termini di legge deve considerarsi irregolare e quindi non protestabile.
E’ il protesto o la sua dichiarazione sostitutiva che certificano il requisito della regolare presentazione dell’assegno e la conseguente applicabilità del regime sanzionatorio.
Ebbene già il Tribunale di Roma intervenendo con sentenza proprio sulla fattispecie relativa all’assegno de quo, in motivazione statuiva :”Merita invece accoglimento in relazione alla somma di lire 4.300.000, richiesta a titolo di penale ex legge 386 del 1990. Mancano invero nella specie i presupposti di operatività della disposizione, non risultando che l’assegno di cui trattasi sia stato sottoposto a protesto".