L’art. 336 del cod. proc. civ., inoltre stabilisce che la cassazione della sentenza estende I propri effetti ai provvedimenti e agli atti dipendenti tra i quali anche quelli relativi all’esecuzione ([5]).
Atteso che il giudice dell’esecuzione ha il compito di rilevare d’ufficio ([6]) il difetto del titolo per l’esecuzione e questo anche nel caso, come quello di specie, di sua caducazione per cassazione, in quanto la forza esecutiva dello stesso deve permanere fino termine della esecuzione ([7]).
Tali argomenti sono stati utilizzati e posti a sostegno dallo studio Morelli in una opposizione agli atti esecutivi, avverso un'esecuzione promossa in forza di una sentenza di primo grado. Quest'ultima era stata appellata, l'appello era stato dichiarato improcedibile e la successiva pronuncia della Suprema Corte aveva cassato con rinvio la sentenza di appello (per visionare la sentenza cliccare qui) e cliccare qui per la seconda parte).
[1] “ Del principio è stata fatta corretta applicazione, considerato che l'annullamento aveva investito una sentenza d'appello, cassata con rinvio perché fosse rinnovata la decisione sul merito della controversia. In questo caso, le sentenze pronunciate nella fase di merito perdono efficacia (art. 336 cod. proc. civ., secondo comma, e art. 393 cod. proc. civ.) Cass. civ., Sez. III, 09/01/2002, n. 210
[2] “Le norme degli artt. 392 - 394 c.p.c., ed in particolare la norma dell'art. 393 c.p.c., si applicano anche in caso di rinvio c.d. improprio, cioè determinato da motivi di carattere squisitamente processuale”. Trib. Roma, Sez. IV, 14/06/2010 PARTI IN CAUSA Ca.Gu. C. Va.Ma.Cr. FONTE Massima redazionale, 2010 RIFERIMENTI NORMATIVI CPC Art. 392 CPC Art. 393 CPC Art. 394
[3] “ La mancata riassunzione del giudizio di rinvio determina, ai sensi dell'art. 393 cod. proc. civ., l'estinzione non solo di quel giudizio ma dell'intero processo, con conseguente caducazione di tutte le sentenze emesse nel corso dello stesso, eccettuate quelle già coperte dal giudicato, in quanto non impugnate. (Rigetta, Trib. Civitavecchia, 17/02/2009) Cass. civ., Sez. III, 07/02/2012, n. 1680 PARTI IN CAUSA Com. Civitavecchia C. Ventura FONTE CED Cassazione, 2012 RIFERIMENTI NORMATIVI CPC Art. 310 CPC Art. 393 GIURISPRUDENZA CORRELATA Conformi Cass. civ. Sez. V, 06/12/2002, n. 17372
Cass. civ. Sez. lavoro, 27/11/1995
[4] “ Il giudizio di rinvio instauratosi a seguito di annullamento, da parte della Corte di cassazione, della sentenza d'appello per i motivi di cui ai n. 3 e 5 dell'art. 360 c.p.c. (nella specie, per vizio di motivazione) non si pone in parallelo con alcun precedente grado del processo, ma ne costituisce, per converso, fase del tutto nuova ed autonoma, ulteriore e successivo momento del giudizio (cosiddetto "iudicium rescissorium") funzionale all'emanazione di una sentenza che non si sostituisce ad alcuna precedente pronuncia (nè di primo, nè di secondo grado), riformandola o modificandola, ma statuisce, direttamente e per la prima volta, sulle domande proposte dalle parti (come implicitamente confermato dal disposto dell'art. 393 del codice di rito, a mente del quale all'ipotesi di mancata, tempestiva riassunzione del giudizio, non consegue il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, bensì la sua inefficacia), poichè, nel sistema delle impugnazioni, soltanto all'appello va legittimamente riconosciuto carattere "sostitutivo" rispetto alla precedente pronuncia, nel senso che la sentenza di secondo grado è destinata a prendere il posto di quella di primo grado, che, pertanto, non rivive per l'effetto della cassazione con rinvio della pronuncia d'appello (tanto che spetta al giudice del rinvio il compito di provvedere, in ogni caso, sulle spese di tutti i precedenti gradi di giudizio, incluso il primo)”. Cass. civ., Sez. I, 17/11/2000, n. 14892 PARTI IN CAUSA
Curatela fall. Soc. De Pasquale e altri C. Parisi e altri FONTE Mass. Giur. It., 2000
[5] L'art. 336 cod. proc. civ. (nel testo novellato dell'art. 48 della legge 26 novembre 1990, n. 353), deponendo che la riforma o la cassazione estende i suoi effetti ai provvedimenti e agli atti dipendenti dalla sentenza riformata o cassata, comporta che, con la pubblicazione della sentenza di riforma, vengano meno immediatamente sia l'efficacia degli atti o provvedimenti di esecuzione spontanea o coattiva della stessa, rimasti privi di qualsiasi giustificazione, con conseguente obbligo di restituzione della somma pagata e di ripristino della situazione precedente. Ne consegue che la richiesta di restituzione delle somme corrisposte in esecuzione della sentenza di primo grado non costituisce domanda nuova ed è perciò ammissibile in appello; la stessa deve, peraltro, essere formulata, a pena di decadenza, con l'atto di appello, se proposto successivamente all'esecuzione della sentenza, essendo invece ammissibile la proposizione nel corso del giudizio soltanto qualora l'esecuzione della sentenza sia avvenuta successivamente alla proposizione dell'impugnazione. (Rigetta, Trib. Teramo, 08/02/2005)
Cass. civ., Sez. III, 30/04/2009, n. 10124 PARTI IN CAUSA Salvi Costruzioni di Salvi Maurizio C Sas C. D.G.S.FONTE Mass. Giur. It., 2009 CED Cassazione, 2009
GIURISPRUDENZA CORRELATA Conformi Cass. civ. Sez. III, 08/07/2010, n. 16152 (rv. 613997) Cass. civ. Sez. II, 24/05/2010, n. 12622 (rv. 613169) Cass. civ. Sez. I, 06/12/2006, n. 26171 (rv. 593428) Cass. civ. Sez. I, 16/05/2006, n. 11491 (rv. 590956) Cass. civ. Sez. III Sent., 11/06/2008, n. 15461 (rv. 603439) Cass. civ. Sez. III Sent., 11/06/2008, n. 15461 (rv. 603437) Cass. civ. Sez. III Sent., 24/04/2008, n. 10765 (rv. 602784) Cass. civ. Sez. III Sent., 13/04/2007, n. 8
[6] “ Il giudice dell'opposizione all'esecuzione è tenuto a compiere d'ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, ed anche per la prima volta nel giudizio di cassazione, la verifica sulla esistenza del titolo esecutivo posto alla base dell'azione esecutiva, potendo rilevare sia l'inesistenza originaria del titolo esecutivo sia la sua sopravvenuta caducazione, che - entrambe - determinano l'illegittimità dell'esecuzione forzata con effetto "ex tunc", in quanto l'esistenza di un valido titolo esecutivo costituisce presupposto dell'azione esecutiva stessa. (Nella specie, il giudice del merito, adito in sede di opposizione all'esecuzione ed agli atti esecutivi, aveva escluso di poter sindacare d'ufficio l'esistenza del titolo esecutivo - costituito da decreto ingiuntivo cui era stata revocata l'esecutorietà ex art. 647 cod. proc. civ. - per non essere stata la relativa questione ritualmente sollevata; la S.C., in applicazione del principio sopra riportato, ha cassato la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, ha dichiarato l'insussistenza sopravvenuta del titolo posto a base dell'esecuzione forzata). (Cassa e decide nel merito, Trib. Nicosia, 24/07/2008) Cass. civ., Sez. III, 13/07/2011, n. 15363 PARTI IN CAUSA Iraci Sareri C. Condominio Ex Albergo Roccamarina S.p.A. Cass. civ. Sez. lavoro, 29/11/2004, n. 22430”
[7] Ai fini della legittimità dell'esecuzione forzata, non è sufficiente che il titolo esecutivo sussista quando l'azione esecutiva è minacciata o iniziata, ma è necessario che la sua validità ed efficacia permangano durante tutto il corso della fase esecutiva; pertanto, se il provvedimento giudiziale costituente il titolo alla base dell'esecuzione forzata è annullato, l'esecuzione deve arrestarsi e non può più proseguire, e tale sopravvenuta caducazione è deducibile in ogni stato e grado del giudizio di opposizione. (Nella specie, la sentenza di condanna, in base alla quale era stata promossa l'esecuzione forzata, era stata cassata con rinvio dalla S.C.). Cass. civ., Sez. III, 09/01/2002, n. 210