“ Le norme tributarie debbono essere interpretate alla luce del disposto dell’art. 53 Cost. e quando un cittadino incorre in una violazione, fermo il principio del suo contributo secondo capacità contributiva, egli deve soggiacere alle conseguenti sanzioni amministrative ed eventualmente penali, che sono le uniche volte alla funzione dissuasiva e afflittiva.
Gli strumenti posti a disposizione dell’Ufficio, quali le presunzioni, da quelle più restrittive fino ad arrivare a quelle super semplici debbono rigorosamente condurre all’accertamento della capacità contributiva riferita al periodo in esame. Se questi strumenti raggiungono un risultato di accertamento del reddito in misura inverosimile, palesemente superiore alla capacità contributiva del periodo considerato, si viola l’art. 53 Cost. che fissa il principio della contribuzione nel limite della capacità del soggetto, il quale subendo un richiesta notevolmente superiore a quella effettivamente dovuta viene posto nella impossibilità di sanare la propria violazione.
In caso di omessa dichiarazione, pertanto, un accertamento costituzionalmente orientato deve assumente due fondamentali elementi, il primo costituito dal rispetto delle forme dell’accertamento, (corretta applicazione di presunzioni ed elementi di prova), l’altro di merito, ovvero la ponderazione sulla base di elementi anche aliunde desumibili che gli esiti dell’accertamento siano verosimili.
Le presunzioni anche super semplici non possono portare alla determinazione di un reddito da zero all’infinito solo nel rispetto delle forme, ma è necessario che il risultato ottenuto con sistemi “automatici” sia diligentemente ponderato e riportato dall’Ufficio ad una misura che determini,sia pure approssimativamente, un reddito verosimilmente, effettivamente commisurato alla capacità contributiva del cittadino come imposto dall’art. 53 cost.. E’ una intollerabile ingiustizia calcolare un reddito palesemente superiore a quello reale o verosimile, in quanto, in violazione dell’art. 53 cost., si chiede al cittadino un contributo superiore alla sua capacità contributiva.
Sono le sanzioni, penali e amministrative gli elementi dissuasivi e punitivi previsti dalla legge a carico di chi commette la violazione, ma l’accertamento del reddito sul quale calcolarle, si ripete con forza, non potrà mai essere di una misura nella realtà non raggiungibile dal contribuente.
In tali casi, per rispettare il dettato Costituzionale, occorre una concreta ponderazione della misura del reddito anche alla luce di studi di settore, di aspetti relativi alla storia della azienda, alla sua situazione economica, alla redditività del tipo di impresa, di cui nell’accertamento .
La sentenza impugnata nella prima parte riconosce il diritto dell’Ufficio di utilizzare delle presunzioni supersemplici, nella seconda parte condivide la sentenza dei giudici di primo grado che avevano parzialmente rettificato l’accertamento in diminuzione.
Tuttavia questa seconda parte della sentenza - che avrebbe dovuto completare una applicazione costituzionalmente orientata degli artt. 40 e 41 dpr 600 1973, nel rispetto appunto dell’inviolabile principio previsto dall’art.53 della Cost., con la ponderazione di una qualche verosimiglianza del risultato ottenuto con le presunzioni – è del tutto omissiva e meramente apparente. Infatti non ha nessun significato dire “Tuttavia nel merito del reddito di impresa accertato, si ritiene di condividere la prudente- decisione dei primi giudici che hanno ridotto il reddito societario da X a Y.”
Questa valutazione dei giudici di merito era stata impugnata con argomenti specifici, dal fatto della erronea detrazione del solo netto delle buste paga, che costituiva un chiaro errore, con l’omessa detrazione degli oneri finanziari e delle altre spese, sia sotto il profilo della assoluta inverosimiglianza dei risultati ottenuti. Su tali motivi di appello la corte aveva l’onere di indicare le ragioni per le quali la riduzione applicata dai giudici di primo grado fosse corretta. Il solo condividere la prudente decisione di altri, non è motivare ma è tam quam non esset.
Pur volendo considerare tale motivazione per “relationem” nel senso di un rinvio ai motivi esposti nella sentenza del giudice di primo grado, occorre osservare che questa, si rifaceva alle motivazioni dell’Ufficio che, a sua volta, rinviava anch’esso al verbale della GDF, la decisione risulta, in tal modo risulta evidentemente omissiva e insufficiente.
L’argomento assume decisività nel senso che se la Corte territoriale avesse concentrato la propria attenzione sulle doglianze proposte dall’appellante sarebbe giunta a conclusioni diametralmente opposte. Ciò in quanto, come evidenziato nell’atto d’appello, la SOCIETA X, in procinto di cessare l’attività con posizioni debitorie notevoli, nei suoi ultimi cinque mesi di attività non avrebbe mai potuto raggiungere un reddito di così vaste proporzioni, proprio perché la medesima era in perdita, era in procinto di chiudere e sull’orlo del fallimento, sventato per poco, . Si era evidenziato che le buste paga prodotte per il periodo dovevano essere sottratte al lordo e non al netto, e a tale principio avrebbe dovuto attenersi la Corte Territoriale, che la documentazione attestante gli oneri finanziari avrebbe dovuto essere oggetto di considerazione e da ultimo anche in mancanza di ogni documento sarebbe stato onere dell’Ufficio, prima e dei giudici di merito poi, effettuare una ponderazione della specifica situazione e attività correggendo le anomalie conseguenti al mero calcolo formale per giungere ad una valutazione verosimile del reddito accertato.
Alla luce di ciò si sarebbe giunti a giuste conclusioni.”
Attendiamo l’esito del ricorso di legittimità, tuttavia le stesse argomentazioni formulate in un giudizio di merito hanno portato la Commissione Regionale del Lazio ad esprimersi favorevolmente censurando un accertamento che di fatto valutava l'attività di una società tenendo conto di soli ricavi senza dare atto della necessità che quei ricavi dovevano necessariamente essere rapportati a dei costi.
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