Sul punto si ricorda il principio secondo il quale se la tutela giurisdizionale è chiesta per fasi progressive, “la decisione di merito emessa nel giudizio primario vale a fissare la giurisdizione del giudice che tale decisione ha emesso anche per i giudizi direttamente dipendenti” ([1]). Il principio enunciato fermamente e definitivamente in materia di giurisdizione è direttamente applicabile alle questioni attinenti la competenza anche funzionale.
Invero in materia di risarcimento del danno vige il principio della unitarietà del diritto al risarcimento ([2]) e la condanna generica ex art. 278 c.p.c., sia nel caso in cui sia stata oggetto di specifica domanda della parte ([3]), sia che venga disposta d’ufficio dal giudice ([4]) costituisce la scissione del medesimo giudizio in fasi successive. Il principio è così solido che la Suprema Corte ha considerato del tutto legittimo che nell’ambito di un giudizio per risarcimento del danno, la parte richiedente possa mutare in corso di causa la domanda di condanna al risarcimento in condanna generica fino alle conclusioni ([5]). Anzi la limitazione della domanda al risarcimento del danno alla sola condanna generica è stata ritenuta ammissibile anche in appello ([6]) e addirittura nel giudizio di rinvio a seguito della cassazione della sentenza della Suprema Corte ([7])
Quindi è indubbio che la pronuncia passata in giudicato la sentenza di condanna generica emessa da un determinato giudice risulta fissata inderogabilmente anche la competenza del medesimo giudice sulla controversia relativa alla determinazione del “quantum”.
[1] CORTE DI CASSAZIONE Sez. un., ord., 11 febbraio 2002, n. 1946 Pres. Giovanni PRESTIPINO - Est. Federico ROSELLI - P.M. Illeggibile - Ric. Società Azionaria Modenese Srl - SAM - c. Com. Modena
Secondo l'orientamento da tempo seguito da queste Sezioni unite (sentenza 9 luglio 1973 n. 1963, ribadita dalle sentenze 22 aprile 1975 n. 1557 e 4 agosto 1995 n. 8546), nelle ipotesi in cui la tutela giurisdizionale è chiesta per fasi progressive, laz decisione di merito emessa nel giudizio primario vale a fissare la giurisdizione del giudice che tale decisione ha emesso anche per i giudizi direttamente dipendenti. E pertanto, dopo che sia stata pronunciata condanna generica al risarcimento del danno, non è ammissibile il regolamento di giurisdizione nel corso del giudizio diretto alla liquidazione del danno stesso.
Cassazione Sez. Un. Civili , 09 luglio 2010, n. 16193 - Pres. Carbone - Rel., est. La Terza.
“Nelle ipotesi in cui la tutela giurisdizionale sia chiesta per fasi progressive, la decisione di merito emessa nel giudizio primario vale a fissare la giurisdizione del giudice che tale decisione ha emesso anche per i giudizi direttamente dipendenti. Ne consegue che, dopo che sia stata pronunciata condanna generica al risarcimento del danno, non è ammissibile neppure il regolamento preventivo di giurisdizione nel corso del giudizio diretto alla liquidazione del danno stesso, restando irrilevante altresì l'entrata in vigore di uno "jus superveniens" determinante un nuovo criterio di riparto della giurisdizione (nella specie, per la trasformazione del debitore da soggetto pubblico a privato), che non dispiega alcun effetto di fronte ad un giudicato sostanziale, il quale, comportando che sul medesimo rapporto non abbiano a pronunciare giudici appartenenti ad ordini diversi di giurisdizione, prevale sull'applicabilità del diritto sopravvenuto”.
[2] L'unitarietà del diritto al risarcimento ed il suo riflesso processuale dell'ordinaria infrazionabilità del giudizio di liquidazione (scaturente dal rispetto dei canoni della concentrazione e della correttezza processuale) comportano che, quando un soggetto agisca in giudizio per chiedere il risarcimento dei danni a lui cagionati da un dato comportamento del convenuto, la domanda si riferisce a tutte le possibili voci di danno originate da quella condotta. Pertanto, quale ulteriore logica conseguenza, non è ammissibile che taluno agisca in giudizio per il risarcimento del danno esponendo in proposito determinate voci e, poi, definito il giudizio con il giudicato, chieda "ex novo" il risarcimento di altri danni derivanti dallo stesso fatto, ma in relazione a nuove voci, diverse da quelle prima esposte, fatta salva l'ipotesi (espressione del principio dispositivo della domanda di cui agli artt. 99 e 112 cod. proc. civ.) che la limitazione soltanto ad alcune voci, risolvendosi sostanzialmente nell'abbandono del relativo diritto, possa desumersi da una volontà inequivoca della parte (fattispecie in cui la S.C., avendo l'attore con la domanda iniziale richiesto il risarcimento di tutti i danni fisici conseguenti al sinistro stradale in cui era rimasto coinvolto, ha affermato che tale domanda si riferiva non solo ai danni già manifestatisi, ma anche a quelli che si sarebbero potuti manifestare nel corso del giudizio, quali il danno ischemico comparso nel corso del giudizio di primo grado). (Cassa con rinvio, App. Roma, 3 Giugno 2003) Cass. civ., Sez. III, 22/08/2007, n. 17873 PARTI IN CAUSA R.R. C. Uni One Assicurazioni S.p.A. FONTE Mass. Giur. It., 2007
Il principio dell'unitarietà del diritto al risarcimento del danno, comportando l'infrazionabilità del giudizio di liquidazione, al di fuori dei casi specificamente previsti dal legislatore (artt. 278 e 345 cod. proc. civ.) e di quelli in cui vi sia una concorde volontà contraria delle parti, esige che la liquidazione abbia luogo in un unico processo, e preclude pertanto, di regola, una successiva domanda di liquidazione delle voci di danno non comprese nell'originaria domanda, la cui limitazione soltanto ad alcune voci, risolvendosi sostanzialmente nell'abbandono del relativo diritto, può essere desunta soltanto da una volontà inequivoca della parte.
Cass. civ., Sez. III, 28/07/2005, n. 15823 PARTI IN CAUSA Anas C. Floris ed altro FONTE
[3] Per la violazione della norma 278 del codice di procedura civile presupposto per una pronuncia in tal senso è l'istanza di parte (nel caso di sola rimessione a prosieguo del giudizio, mentre per lo svolgimento di altro giudizio è previsto anche il consenso delle altre parti), ma ciò non impedisce, peraltro, in linea generale, di affermare la possibilità anche di scissione, operata dal giudice. Tale scissione non dà, infatti, luogo ad alcuna nullità, in quanto non comporta violazione di principi di ordine pubblico e non incide sulla realizzazione delle finalità essenziali del processo, che non vengono compromesse dal frazionamento del giudizio in due fasi, sicché non risultino vulnerati i principi fondamentali del sistema processuale, né pregiudicati i diritti della difesa delle parti. App. Roma, Sez. I, 16/06/2003 PARTI IN CAUSA Ministero del Tesoro C. Belli e altri FONTE Guida al Diritto, 2003, 37, 71
[4] L'avere il giudice operato la scissione delle pronunce sull'an e sul quantum, d'ufficio anziché su istanza di parte (come previsto dall'art. 278 c. p. c.), non comporta violazione di pricipi di ordine pubblico e non incide sulla realizzazione delle finalità essenziali del processo, che non vengono compromesse dal frazionamento del giudizio in due fasi, sicché non risultano vulnerati i principi fondamentali del sistema processuale, né pregiudicati i diritti della difesa delle parti. Cass. civ., Sez. III, 27/10/1987, n. 7923 PARTI IN CAUSA Santoro C. Le assicuraz. d'Italia FONTE Arch. Giur. Circolaz., 1988, 200 RIFERIMENTI NORMATIVI
[5] La scissione della pronuncia sull'an debeatur da quella sul "quantum" è consentita, ai sensi dell'art. 278, comma 1, c.c., ogniqualvolta vi sia, nel corso del giudizio ed anche in sede di conclusioni, conforme ed esplicita richiesta della parte interessata, senza che a ciò possa essere di ostacolo la circostanza che la domanda introduttiva del giudizio, prevedesse puramente e semplicemente la richiesta di risarcimento dei danni. Cass. civ., Sez. III, 13/12/2002, n. 17832
[6] La domanda di risarcimento dei danni può essere successivamente limitata, anche in grado d'appello, alla richiesta di condanna generica e di rinvio della liquidazione in separato giudizio, quando il consenso della controparte, asserita responsabile (nella specie ai sensi dell'art. 1337 c.c.), si possa desumere dalla mancata tempestiva contestazione dell'istanza di scissione dell'accertamento risarcitorio. Cass. civ., Sez. III, 22/05/1998, n. 5139 PARTI IN CAUSA Garofalo C. Iannello e altri FONTE Mass. Giur. It., 1998 RIFERIMENTI NORMATIVI
[7] Nel giudizio di rinvio il divieto di prendere nuove conclusioni non implica altresì il divieto del frazionamento di esso in più fasi, onde è consentita la scissione della pronuncia sull'an debeatur da quella sul quantum, riservata quest'ultima al prosieguo del giudizio, anche senza la adesione della parte interessata, ancorché nel pregresso giudizio di merito sia stata proposta domanda di risarcimento dei danni da liquidarsi in corso di causa, non costituendo, rispetto a quest'ultima, domanda nuova, non importando mutamento della causa petendi né ampliamento del petitum, quella successivamente proposta di condanna generica al risarcimento con rinvio della liquidazione del quantum ad una successiva fase dello stesso giudizio. Cass. civ., Sez. II, 05/12/1990, n. 11691