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A tale conclusione si è giunti sulla base della precedente giurisprudenza della Suprema Corte di cui si cita a titolo di esempio l’ordinanza 6355 2018 nella quale si afferma che: 

 “ La previsione di una adeguata remunerazione per i medici specializzandi è infatti contenuta nelle precedenti direttive n. 75/362, n. 75/363 e n. 82/76 (le cui disposizioni la direttiva n. 93/16 si limita a recepire e riprodurre senza alcuna modifica), e i relativi obblighi risultano già attuati dallo Stato italiano con l'introduzione della borsa di studio di cui al D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257. Alla luce alcun nuovo ed ulteriore obbligo con riguardo alla misura della borsa di studio di cui al decreto legislativo citato. Trattasi di orientamento ormai costante (cfr. ex multis Cass. civ. ord., sez. VI, 4618/2020, 29828/2019, 6355/2018, nonche' Cass. Sez. Lav. 4809/2019).

Piu esplicitamente nel provvedimento richiamato si affermava:

“L'importo della predetta borsa di studio è da ritenersi di per sè sufficiente ed idoneo adempimento agli indicati obblighi comunitari, rimasti immutati dopo la direttiva n. 93/16, quanto meno sotto il profilo economico, come confermano le pronunzie di questa Corte che ne hanno riconosciuto l'adeguatezza, nella sua iniziale misura, anche a prescindere dagli ulteriori incrementi connessi alla svalutazione monetaria, originariamente previsti dallo stesso D.Lgs. n. 257 del 1991 e poi sospesi dalla successiva legislazione … “

In sostanza, lo Stato Italiano si sarebbe conformato alla “adeguata remunerazione”, disposta dalle prime direttive citate, già con il  Dlgs 267 del 1991, che riconosceva le borse di studio  pertanto, il successivo  Dlgs 368 del 1999 non sarebbe il riconoscimento dell’insufficienza del valore  di queste ultime ma un emolumento nuovo erogato autonomamente dallo Stato Membro.  

In altre parole, lo Stato Italiano, con il Dlgs 368 1999 recepiva la direttiva 93/16  - il cui contenuto  è definito dalla Suprema Corte Ord. 8503/2020 “meramente compilativo, di coordinamento e aggiornamento delle precedenti disposizioni comunitarie già vigenti” -, pertanto, l’Italia   con il Dlgs 368/1999  avrebbe  colto l’occasione per raddoppiare gli emolumenti riconosciuti agli specializzandi che, sempre secondo la Suprema Corte, erano già sufficientemente remunerati con le borse di studio previste dal Dlgs 257/1991. Ne consegue che neanche i medici specializzandi che hanno sostenuto il corso con le modalità introdotte con il Dlgs 368 1999 ma prima del 2006,  data di entrata in vigore delle norme disciplinanti il lato economico del rapporto, non possono lamentare alcun danno in quanto le borse di studio ricevute in forza del Dlgs del 1991 rappresentano, da sole, la adeguata remunerazione.   

Ora, pare opportuno a questo punto ricordare il principio secondo il quale il Giudice dello Stato membro deve dare esecuzione sostanziale allo spirito delle Direttive comunitarie ed ex multis si veda la sentenza del 18 dicembre 2014, Schoenimport «Italmoda» Mariano Previti e a., (Corte di Giustizia, Prima Sezione, 18 Dicembre 2014 nelle cause riunite C-131/13, C-163/13 e C-164/13) che al paragrafo 52 recita:

"

A tale riguardo, si deve ricordare che spetta al giudice nazionale interpretare il diritto nazionale quanto più possibile alla luce del testo e dello scopo della direttiva in questione, così da realizzare il risultato perseguito da quest’ultima, circostanza che esige che esso faccia tutto quanto gli compete prendendo in considerazione il diritto interno nel suo complesso e applicando i suoi stessi criteri ermeneutici (v., in tal senso, sentenze Adeneler e a., C‑212/04, EU:C:2006:443, punto 111; Kofoed, C‑321/05, EU:C:2007:408, punto 45, e Maks Pen, EU:C:2014:69, punto 36).

Ebbene, nel caso in esame, non si può, in coscienza, non osservare che interpretare il raddoppio dell’emolumento in favore dei medici specializzandi come “liberalità” dello Stato Italiano e non come adeguamento sostanziale alla disciplina europea è, lo si dice con tutto il rispetto, semplicemente strumentale.

Non è sostenibile e non è serio sostenere che il raddoppio                     dell’emolumento non sia legato alla valutazione proprio dello Stato sulla   “remunerazione adeguata”, valutata al tempo dell’emissione del provvedimento.   Nella realtà dei fatti, l’Italia ha ritenuto adeguata la somma riconosciuta nel 1991 con le borse di studio fino a quando, nel 1999 con il provvedimento 368, ha ritenuto adeguata una seconda e maggiore remunerazione.  Questo non significa che la valutazione sia retroattiva, ma soltanto che lo Stato nel 1999 ha adeguato la propria valutazione in base ai tempi (si ricorda che si tratta degli anni di entrata in uso della nuova moneta).    

Le valutazioni del 1991 e del 1998 sono dello Stato Italiano che ha, in mancanza di una quantificazione da parte dell’Unione, in via del tutto autonoma, dato concretezza al principio di adeguata remunerazione.

Si tratta, quindi, di valutare se effettivamente una volta che l’Italia ha indicato con il Dlgs 368 1999 la nuova “remunerazione adeguata”  la  disposta posticipazione della sua applicazione di sette anni per una durata superiore ai corsi, accompagnata da un immediato adeguamento dell’adeguamento delle modalità di svolgimento degli stessi sia legittima ai fini del rispetto alle direttive comunitarie e alle decisioni della Corte di Giustizia, cui il giudice deve ricondurre la propria decisione, anche superando la normativa di Stato.

L’argomento accolto dalla Suprema Corte, per ritenere conforme la consistente posticipazione del riconoscimento della nuova remunerazione, era fondato sulle esigenze di bilancio, che costituiscono autonoma ed insindacabile decisione dello Stato Membro, legata alle proprie possibilità finanziarie.     

Su punto è facile osservare che la “adeguata remunerazione”  riconosciuta da uno Stato non è una petizione di principio ma il frutto di una duplice valutazione costituta, da una parte, dal diritto alla remunerazione del soggetto ricevente, il medico, dall’altra, delle disponibilità finanziarie dello Stato. In questo senso, la quantificazione del dovuto, indicato nella legge, comprende già le esigenze di bilancio. Ed in questo senso, il riconoscimento dell’emolumento  deve essere immediato altrimenti la mera posticipazione del pagamento rappresenta esclusivamente un indebito arricchimento. Infatti, da una parte i medici  hanno seguito i corsi ed erogato le proprie prestazioni secondo i principi disposti dal Dlgs 368/99 ,dall’altra lo Stato, che aveva riconosciuto il valore della adeguata remunerazione dovuta, ne posticipava il pagamento di anni, saltando a piè pari un intero corso di specializzazione.

Ma, al di là della descritta valutazione, in realtà la questione è stata già risolta dalla Corte di Giustizia e proprio con il famoso caso “Carbonari e altri”. In quell’occasione, infatti, la Corte aveva vagliato il caso, in tutto simile al presente, che riguardava gli specializzandi  già iscritti ai corsi alla data entrata in vigore del Dlgs 267/1991, disponendo che gli stessi avessero diritto alla borsa di studio non essendo legittimo riservare quest’ultima soltanto agli iscritti al primo anno, creando un’evidente disparità di trattamento a danno di coloro che frequentavano anni successivi, in sostanza una volta definita dallo Stato la remunerazione adeguata la stessa doveva applicarsi e questo a prescindere da ogni possibile valutazione di bilancio.  

Nel caso in esame si chiede che il Tizio, iscritto al corso nel 2000, ovvero dopo l’emanazione del provvedimento che indicava la nuova misura della retribuzione adeguata, riceva un risarcimento equivalente alla differenza tra il valore della Borsa di Studio pagata e la nuova remunerazione definita dallo Stato.

Quindi, dovendo applicare i principi indicati nella sentenza Carbonari, coloro che hanno effettuato il corso dopo il 1999 avrebbero avuto come il Tizio diritto al nuovo emolumento e risultano danneggiati dal mancato riconoscimento effettuato con la posticipazione della entrata in vigore di esso.

Sotto altro profilo, si deve osservare che una volta riconosciuta la misura della “adeguata remunerazione” posticipare di anni la sua applicazione  per motivi di bilancio avrebbe, comunque, dovuto pesare equamente sui medici, magari attraverso una progressività di aumento fino a giungere a regime. Al contrario, con il sistema dello scalino unico si determina un’evidente disparità di trattamento, in quanto i limiti di bilancio sono stati affrontati soltanto dai medici che come il dott. Tizio hanno svolto il loro corso dal 2000 al 2005  con le nuove e stringenti regole introdotte dal 1999, ma senza la remunerazione ritenuta effettivamente adeguata per legge.

Pertanto, la sentenza impugnata dovrà essere riformata con l’accoglimento della domanda formulata dal Tizio e di tutti i partecipanti ai corsi in data successiva al 1999, poiché l’adeguamento alla giurisprudenza citata risulta in contrasto con i principi dell’Unione  della Giurisprudenza comunitaria.   

Roma,  20/05/2021

                                                                     Avv. Mauro Morelli   

 

 

 

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