Le Sezioni Unite hanno osservato la dispensazione come "attività economica organizzata" da parte del farmacista o anche soltanto svolgimento di "libera professione" non trova dunque supporto nella reale configurazione di una siffatta attività, che si inserisce in toto nell'espletamento del servizio sanitario nazionale  e si colloca nel rapporto diretto, proprio della sua piena realizzazione, con il pubblico interesse sotteso a detto servizio.

Il Supremo Collegio ha quindi formulato  il seguente principio di diritto: "qualora la pubblica amministrazione competente, nella vigenza del d.lgs. n. 231 del 2002 nel testo anteriore alla novazione di cui al d.lgs. n. 192 nel 2012, abbia tardivamente corrisposto al farmacista la seconda quota di ristoro relativa alla dispensazione dei farmaci di classe A, sulla relativa somma sono dovuti gli interessi all'ordinario tasso legale, non essendo applicabili gli interessi moratori di cui all'articolo 5 del suddetto d.lgs. n. 231 del 2002, in quanto limitatamente a tale dispensazione il farmacista è componente del servizio sanitario nazionale" Cass. Sez Un. 20/11/2020 n. 26496.