In data 13/07/2014 il sig. Caio riceveva la notifica presso la propria residenza in Roma, di un preteso  pignoramento immobiliare  eseguito per conto di una banca   

L’atto di pignoramento era composto di un testo di 5 pagine.

La crisi è stringente molte famiglie non riescono a pagare mutui o finanziamenti accesi per l'acquisto di case o beni di consumo. Noi avvocati ci troviamo spesso nella condizione di dover difendere persone disperate che si trovano   nell’impossibilità di far fronte ai loro debiti e che ci chiedono di ostacolare le conseguenti esecuzioni che si concludono con l'inevitabile  vendita della casa o di beni appartenuti al debitore.

Allorquando interviene una sentenza di condanna generica al risarcimento del danno ci si chiede se sia possibile che la successiva fase del giudizio, volta alla liquidazione del "quantum" possa essere di competenza di un giudice diverso.   

La crisi è stringente molte famiglie non riescono a pagare il mutuo della prima casa. Noi avvocati ci troviamo spesso nella condizione di dover difendere persone disperate che, nell’impossibilità di far fronte ai loro debiti, ci chiedno di trovare almeno il modo di garantire la loro permanenza in casa il più a lungo possibile.

Spesso, poi, il credito di bance e società finanziare è originato da prestiti e finanziamenti vari non onorati che hanno dato luogo a titoli giudiziari quali  ingiunzioni e sentenze con i quali si procede esecutivamente.

In questo quadro si è inserito il fenomeno finanziario delle cessioni del credito.  Ormai abitualmente il credito di banche e società finanziarie  vantato nei confronti dei consumatori  viene ceduto a delle società terze specializzate nel  gestire i c.d.  crediti non “performing”.

Naturalmente queste ultime acquistano il credito  ad un prezzo  notevolemnte  inferiore, spesso a percentuali irrisorie anche inferiori al 10%  al suo valore nominale e pretendono il pagamento del 100% dal deiborie  garantendosi  un notevole  profitto.

Quindi, il debitore  ceduto, che non ha le forze economiche per far fronte all’obbligazione, si ritrova a contrattare con soggetti diversi che chiedono di giungere ad pagamento  parallelamente all’esecuzione immobiliare sulla casa.

Di fronte a ciò, considerato che dichiarare l’impignorabilità della prima casa proposta di recente, è una vera e propria chimera, sarebbe opportuno che, quando per il soddisfacimento di un credito si agisce sulla prima casa del debitore,  si riconosca a quest’ultimo, in caso di cessione del credito, il diritto di prelazione consistente nella possibilità di estinguere il debito al medesimo costo del prezzo di acquisto del credito stesso.

In sostanza se una società acquista un credito valore di 100 al prezzo di 60 per farlo valere sulla prima casa di un malcapitato che non riesce a pagare, questi dovrebbe avere il diritto di essere posto a conoscenza della cessione e di poter soddisfare quel medesimo credito allo stesso prezzo concesso alla società cessionaria.

Probabilmente qualcuno dei debitori, anche facendo l’impossibile, potrebbe riuscire a soddisfare il creditore originario, il quale avrà la stessa somma che avrebbe ricevuto  dalla società specializzata in recuperi, ma si eviterebbe un dramma familiare, si otterrebbe l’estinzione di una esecuzione immobiliare con effetti benefici sul carico giudiziario, il tutto a fronte della perdita di un profitto, solo eventuale, che sorgerebbe da una vicenda dolorosa come quella della perdita della prima casa di una famiglia.

Se qualcuno condivide una simile proposta lo comunichi allo studio inviando un messaggio di adesione alla mail dello studio This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it., e invii questo link a chi pensa che possa aderire, qualora ci fossero delle adesioni verrete ricontatati per avviare, dopo aver definito il testo di una norma specifica, per promuovere una proposta di legge di iniziativa popolare.

                                                                                          Avv. Mauro Morelli                                   

Quando un ditta o società subisce un pignoramento sul conto corrente bancario privo di disponibilità l’istituto di credito invia al creditore una dichiarazione negativa. Ciò induce il creditore stesso a non dare corso alla procedura non iscrivendola a ruolo nei termini di legge (90 giorni dal pignoramento).

A questo punto sorgono una serie di problemi per il correntista, invero la banca spesso, dopo aver effettuato la dichiarazione negativa,  qualora il correntista versi ulteriori somme sul conto le  trattiene  fino a concorrenza della somma “pignorata”  che, tra l’altro, è superiore al debito effettivo del 50%. 

In sostanza da una parte il creditore procedente ha in mano un dichiarazione negativa, dall’altra il correntista che versa somme sul conto o che ne riceve dopo la richiamata dichiarazione non le può utilizzare.

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